lunes, 30 de abril de 2007

essere

Io, io sono solo, concreto, al di fuori di qualsiasi logica, di qualsiasi concetto.
Che fare in questa situazione?
Essere crocefisso come Gesù Cristo?
Perdermi nel suo dolore?
Si vive soli, si muore soli.
Tutto è impenetrabile.

Witold Gombrowicz, Corso di filosofia in sei ore e un quarto

4 comentarios:

  1. Recuerdo una línea de Gombrowicz, porque hace años me la copió una amiga con cariño (no literal): los hombres damos forma a las cosas, las ideas, con esas formas percibimos otras cosas, ideas que no tienen forma, para, entonces, darles forma. Me mareaba leer eso.

    Quisiera saber más de ese polaco.

    ResponderBorrar
  2. Ese polaco es imprescindible. Y sí, hay pasajes de sus textos que dan vértigo. Y sobre todo pienso cómo se las arreglan los traductores cuando Witold le da duro a los juegos de palabras.
    Sus temas principales son la inmadurez y la forma, que aparecieron por primera vez y con una claridad impresionante en Ferdydurke. Copio un texto de Francesco Cataluccio, que habla de Gombrowicz y cita algunos textos clave:

    Già all'uscita, nel 1937, del suo primo romanzo (che reca però la data dell'anno successivo), intitolato Ferdydurke, i critici si accorsero di avere di fronte una singolare mistura di racconto e saggio filosofico. Waclaw Kubacki, ad esempio, notava che i temi dell'immaturità e dell'infantilismo, trattati da Grombowicz come fenomeni sociali e culturali del nostro tempo, avevano delle implicazioni filosofiche assai importanti. E sono proprio questi due temi, trattati per la prima volta nella letteratura europea con tanta profondità e sarcasmo, a costituire il primo nucleo della "filosofia" di Gombrowicz. L'immaturità gli appare come la categoria più efficace per definire la condizione dell'uomo moderno, nonché del suo paese e del resto dell'Europa. Egli vedeva, come pochi altri scrittori soprattutto dell'Europa centrale, milioni di individui infantili, privi di un Padre e incerti sulla Legge, felici di gettarsi nelle braccia di totalitarismi e ideologie a buon mercato che li rimbambocciavano ancora di più, portandoli a massacrarsi e a massacrare dietro bandiere quali "patria", "razza", "proletariato", "giovinezza", "consumi", ecc. Il segno del Moderno è il rifiuto, come in Peter Pan e in Gingio (il protagonista di Ferdydurke), di crescere, di sobbarcarsi il peso delle responsabilità, il triste onere della maturità, il disorientamento vertiginoso che danno la libertà e la democrazia. Così si spiegava Gombrowicz: "Il mio libro costituisce una resa dei conti con tutto ciò che mi ha infantilizzato, tutto ciò che ha pesato in maniera determinante sul mio sviluppo. [...] Mi interessa l'immaturità che sprigiona nell'uomo ogni cultura che non è sufficientemente assimilata, digerita e organica. [...] Il mio è il lamento di un individuo che si difende dalla dissoluzione, che reclama spasmodicamente una gerarchia e una forma, e allo stesso tempo si rende conto che qualsiasi forma lo sminuisce e lo limita: si difende dall'imperfezione altrui, perfettamente cosciente della propria".
    L'infantilismo e l'immaturità sono legati strettamente al problema della forma, centrale nella visione del mondo di Gombrowicz. Egli stesso, nella prefazione all'edizione argentina del romanzo, preciserà: "Le tematiche principali di Ferdydurke sono due: quella dell'Immaturità e quella della Forma. E' un dato di fatto che gli uomini siano obbligati a nascondere la propria immaturità, poiché all'esteriorità si presta solo ciò che di maturo è già in noi. Ferdydurke pone questo interrogativo: non vedete che la nostra maturità esteriore è solo finzione e che tutto quello che potete esprimere non corrisponde alla vostra realtà intima? Finché fingerete di essere maturi, vivrete, in realtà, in un mondo molto diverso. Se non riuscite a unire strettamente questi due mondi, la cultura sarà per voi sempre uno strumento di inganno. Ferdydurke però non si occupa soltanto di quella che potremmo chiamare l'immaturità naturale dell'uomo, ma anzitutto dell'immaturità ottenuta con mezzi artificiali: quando un uomo spinge l'altro all'immaturità. [...] I personaggi di Ferdydurke non fanno quello che vogliono, neppure sentono secondo natura, ma la maggioranza dei loro sentimenti, dei loro atti gli viene imposta dall'esterno. Si spingono mutuamente verso atteggiamenti, situazioni, sentimenti o pensieri, estranei alla propria volontà e solamente dopo si adattano psichicamente a quanto è loro capitato di commettere, cercando a posteriori giustificazioni e spiegazioni [...] minacciati dall'assurdo e dall'anarchia".
    Secondo Gombrowicz, caratteristica dell'umanità è il suo incessante bisogno di formarsi: "Essa è come un'onda, che si compone di una miriade di particlle caotiche, ma che a ogni istante assume una forma ben definita". La Forma domina perché viviamo in quella che egli chiama, nel suo Diario, "Chiesa-interumana" (Kosciol miedzyludzki): l'uomo è creato dall'uomo, l'uomo è in rapporto incessante con gli altri uomini, nulla si sottrae alla pressione determinante della presenza altrui. La Forma va intesa nel suo duplice significato: 1) maschera che gli altri ci impongono e che dobbiamo mantenere; 2) comportamento al quale ci conformiamo da soli per essere accettati (vogliamo essere liberi ma temiamo di più di rimanere isolati). Gombrowicz si trasforma, con le sue opere, in un "paladino dell'antiforma": il suo obiettivo consiste dunque nella liberazione dalle costrizioni del mondo esterno. Perché vede che gli esseri umani sono profondamente inautentici: "L'essere umano non si esprime mai in modo diretto e consono alla sua natura, ma sempre tramite una certa forma; la nostra forma, il nostro stile, il nostro modo di essere non sono mai del tutto nostri, ma ci vengono imposti dall'esterno; ed ecco perché un medesimo uomo può manifestarsi in modo stupido o intelligente, sanguinario o angelico, maturo o immaturo a seconda dello stile che gli capita e del condizionamento esercitato su di lui dagli altri. [...] Noi corriamo sempre dietro alla forma, ci scanniamo a vicenda per questioni di modo di essere, di stile personale [...], sempre e senza tregua inseguiamo la forma, ne godiamo, ne soffriamo, cerchiamo di conformarci a lei, ora violentandola e infrangendola, ora permettendo che sia lei a crearci". L'uomo quindi non è mai autentico, è sempre deformato, non ha un'esistenza completa, ma un'esistenza corrotta, al di sotto della sua realtà effettiva. Ma qual è la realtà effettica dell'essere umano? Per Gombrowicz è qualcosa di irrimediabilmente perduto. Dopo secoli di storia è impossibile ritrovare, come piaceva a Jean Jacques Rousseau, l'uomo autentico e naturale. Dietro la maschera delle forme c'è un volto sfigurato dalla mancanza d'aria e dall'abitudine. Siamo condannati a recitare con una maschera addosso: "L'uomo è un attore eterno, ma un attore naturale, dal momento che l'artificio gli è congenito [...]: essere uomo vuol dire essere attore - essere uomo vuol dire fingere l'uomo [...] dietro la maschera non esiste alcun volto - si può pretendere soltanto che l'uomo diventi consapevole del proprio artificio e che ne ammetta l'esistenza".
    La Forma è opposta al Caos, come la Superiorità è opposta all'Inferiorità. Gombrowicz scopre amaramente che lottiamo incessantemente per la Forma e la Superiorità, ma siamo attratti costantemente dal Caos e dall'Inferiorità, perché ci sembra che in essi si possa essere più liberi. In realtà l'unica possibile, seppur parziale, libertà risiede nella creatività artistica. L'artista, seppur impossibilitato a sfuggire alla Forma o a raggiungere la Forma perfetta, può almeno sentirsi libero di "giocare" con lei. Può rendere "visibili", invece di occultarle, sia la maturità della convenzione artistica sia la propria Immaturità e così, stabilendo una salutare distanza da entrambe, liberarsi in una certa misura dalla loro oppressione. L'Arte è, per Gombrowicz, l'unico mezzo che gli uomini hanno nel caos dell'Esistenza per far valere un po' la propria forma.

    ResponderBorrar
  3. Olvidaba: el texto de Cataluccio aparece al final del Corso di filosofia in sei ore e un quarto de Gombrowicz. Mi libro es del 2004, de la editorial Sellerio. Traducción de Liliana Piersanti.

    ResponderBorrar
  4. Bueno, al fin leí esto. Sólo que no recuerdo nada... Se me fue. Como si no hubiera estado en cristiano.

    Prometo volver.

    ResponderBorrar