Una volta non mi facevo prendere da ciò che gli altri pensavano di me. Da quel punto di vista ero piuttosto menefreghista e faccia tosta. Facevo ciò che ritenevo giusto per me, che gli altri facessero come gli garbava purché non interferissero con il mio percorso. È vero, verso l'adolescenza feci uno sforzo per sembrare "normale" - whatever that means - , per essere parte del gregge. Ma presto mi accorsi di non riuscirci e di non volerlo fare veramente. Quindi le etichette non mi dissero granché, anche se alcune mi affascinavano non poco: oscuro, intellettuale, sentipensante, strega.
Negli ultimi anni, invece [...]
Il bisogno di essere una e integra si fece sempre più intenso, come pure quello di essere rispettata e trattata sempre bene. Mi sentii dire che ero abituata troppo bene. Ecchecazzo! Certo, e volevo continuare ad esserlo. Volevo essere trattata con i guanti, eccome! Il mondo è già abbastanza duro, bisogna per forza portarsi le difficoltà dentro casa?
Ci misi un po', ma dopo mille ripensamenti e pentimenti cominciai ad avviarmi verso l'uscita. E quando mi stavo avvicinando di più ebbi diverse rivelazioni, tra letture e conversazioni con gli amici. [...]
Le mie recenti vicende [...] mi fanno vedere tutto con occhi nuovi. [...]
Abbasso la normalità. Evviva la libera scelta di vita, hip hip hurrà! E se agli altri non piace, chi se ne frega?
miércoles, 7 de mayo de 2008
La normalità
Parido por Mariela De Marchi Moyano a las 01:38
Tags: articoli in italiano, maltrattamento, separazione, surrealismo cotidiano, vita
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Il maltrattamento a parole è subdolo, ti mina dentro. Gli altri possono sempre interpretarlo bonariamente, come una semplice battuta, ma tu che lo subisci costantemente, e a volte esplodi "per una semplice battuta", sai che invece la persona che la fa ti sta torturando a parole. E poi sei tu, a sembrare malata di manie di persecuzione, a essere vista come una che ingigantisce le cose, perché sei permalosa. Poi ci vuole tempo per riconquistare la fiducia in se stessi, ma certe cose rimangono dentro, scolpite.
ResponderBorrarInfatti, le molestie morali sono un capolavoro, il crimine perfetto. Si distrugge piano piano la preda e non rimangono tracce.
ResponderBorrarUscire dal maltrattamento è faticoso. Dopo il primo giorno si sta divinamente, ma poi bisogna fare i conti con il macello che è rimasto di se stessi. Per niente semplice.
Il fatto e' che ognuno di noi, nessuno escluso, porta la bestia dentro. Prima ce ne accorgeremo, prima riusceremo a tenerla a bada. Nascondere la testa sotto la sabbia e minimizzare (sono cose che accadono solo agli altri) e' un atteggiamento immaturo. Sono d'accordo con te: certe cose non vanno mai e dico mai accettate come "normali". Per me normale e' solo cio' che fa star bene le persone. Il rispetto e l'amore sono normali. Il resto, no.
ResponderBorrarCara Mariela,
ResponderBorrarvoglio sottolineare una frase del tuo articolo, che ritengo veramente importante.
Bisogna pretendere di essere trattati bene SEMPRE.
Volendo ci sono un milione di scuse per trattare male qualcuno (stà male, sono depresso, lavoro troppo, il capo è stronzo, sono ubriaco) MA SONO SOLO SCUSE.
La responsabilità personale resta.
E' co-responsabile anche chi accetta di farsi trattare male.
(Anche se per questa persona è difficilissimo sfuggire).
Ti auguro tutto il bene.
Maurizio
Caro Maurizio,
ResponderBorrarhai perfettamente ragione. Le scuse non mancano mai e ce ne sono di tutti i colori.
Per quanto riguarda la responsabilità il discorso è molto complesso. Se la vittima è vulnerabile e/o fragile di suo e incontra una persona neutra, non succede niente. Se invece incontra un aggressore perverso viene vampirizzata fino al midollo. Non è detto che la vittima abbia per natura una tendenza a tollerare maltrattamenti, ma vi rimane invischiata per una serie di fattori.
Personalmente non mi era mai successo niente del genere e non immaginavo che potesse accadermi. Il mio ego è sempre stato abbastanza in forma, conoscevo i miei pregi e non fingevo modestia diplomatica. Se qualcuno mi faceva i complimenti, sorridevo e dicevo "sì, sono brava" invece di fare la solita finta tonta "ma no, non esageriamo". Anzi, continuo a reagire così, perché so di valere molto. Ma allora com'è stato possibile che mi lasciassi sopraffare? Non ho la risposta ora, e non è il momento di cercarla. Prima devo riappropriarmi della mia vita e imparare a parare i colpi. Dopo, quando le ferite saranno meno fresche, potrò capire meglio i meccanismi che mi hanno portata fino a questo punto.
Comunque sia, ora si va avanti a testa alta e si lavora tanto. E ci si diverte spesso :-).
Un caro saluto,
Mariela